Quando si parla di protesi all’anca, uno degli aspetti più importanti da considerare è la scelta tra protesi cementata e non cementata. Due soluzioni diverse, con caratteristiche e indicazioni specifiche, che possono fare la differenza nella riuscita dell’intervento e nella qualità della vita dopo l’operazione.
Protesi all’anca cementata e non cementata: come funzionano le due tipologie di protesi

Protesi con accesso anteriore all’anca
La protesi cementata viene fissata all’osso con un cemento speciale, che garantisce stabilità immediata. È una soluzione spesso scelta per i pazienti più anziani o con un osso fragile, che potrebbe non essere in grado di sostenere un impianto senza aiuto esterno.
La protesi non cementata, invece, non utilizza collanti. Si affida alla crescita naturale dell’osso, che col tempo si integra con la superficie della protesi. Quest’ultima è realizzata con materiali biocompatibili, spesso titanio, e ha una superficie porosa pensata proprio per facilitare questo legame.
C’è però una condizione fondamentale: per far sì che tutto funzioni correttamente, serve una pianificazione pre-operatoria molto accurata. Ed è qui che entra in gioco un aspetto centrale dell’intervento.
La pianificazione: il vero punto chiave della protesi non cementata
Scegliere la protesi giusta e posizionarla nel modo corretto non è semplice. Per questo, quando si opta per una protesi non cementata, la fase di pianificazione è fondamentale.
Il chirurgo può vedere l’anatomia del paziente in dettaglio, scegliere le dimensioni più adatte dell’impianto, prevedere eventuali problemi (come una differenza nella lunghezza delle gambe) e decidere la strategia migliore.
Tra i principali vantaggi di questa pianificazione digitale ci sono:
- Maggiore precisione nel posizionamento della protesi;
- Meno rischi di complicazioni post-operatorie;
- Recupero più efficace e risultati migliori nel lungo termine.
Le vie chirurgiche: diverse strade per lo stesso risultato
L’intervento di protesi può essere eseguito con tre principali approcci:
- Via anteriore, dall’inguine: consente un recupero più rapido, perché non serve tagliare i muscoli principali.
- Via postero-laterale, dalla parte posteriore dell’anca: è la tecnica più tradizionale, con buona visibilità, ma anche un rischio leggermente maggiore di lussazione nei primi mesi.
- Via laterale (o antero-laterale): si accede dal fianco e si tagliano solo alcuni muscoli. È considerata una via intermedia, sicura ed efficace.
Gli studi mostrano che i risultati a 2 e 5 anni sono molto simili, indipendentemente dalla via usata. La differenza la fa, ancora una volta, la preparazione pre-operatoria.
Tempi e fasi del recupero dopo la protesi non cementata
Dopo l’intervento, inizia la fase di riabilitazione, che è parte integrante del percorso. In particolare per le protesi non cementate, per i primi mesi, il buon posizionamento a pressfit e la scelta dello stelo femorale giusto, garantisce la stabilità della protesi. La stabilità definitiva dipende dalla crescita dell’osso attorno alla protesi.
Generalmente, il percorso si articola in:
- Esercizi di mobilità, per riprendere i movimenti dell’articolazione;
- Rinforzo muscolare, per stabilizzare l’anca;
- Rieducazione posturale, per riequilibrare la camminata.
Con costanza e impegno, il recupero completo arriva entro 1-3 mesi. In alcuni casi, può servire più tempo, ma i risultati sono generalmente molto soddisfacenti.
Le complicanze più comuni (e come evitarle)
Tra le possibili complicazioni dopo una protesi ci sono:
- Infezioni;
- Disallineamento dell’impianto;
- Differenza nella lunghezza delle gambe (eterometria);
- Lussazione nei primi mesi.
Gran parte di questi problemi si possono prevenire proprio grazie a una buona pianificazione chirurgica, fatta su misura per il singolo paziente. È questo che rende l’intervento più sicuro, con minori rischi e una qualità della vita migliore dopo l’operazione.